Presa in carico dalla Fondazione nel progetto di... (Leggi tutto)
Toccante e densa di significati: così tre giovani diaconi che frequentano il Seminario arcivescovile della diocesi di Messina, Lipari e Santa Lucia del Mela hanno descritto la loro esperienza formativa in Fondazione Don Gnocchi. Claudio, Pierpaolo e Salvatore (nella foto sotto) - età compresa fra i 25 e i 29 anni - sono stati accolti nelle scorse settimane per un percorso formativo inserito nelle attività estive del seminario e hanno avuto come base principale l’Istituto “Palazzolo-Don Gnocchi” di Milano.
In queste tre settimane hanno avuto modo di conoscere l’attività della Fondazione e la figura del beato don Carlo Gnocchi, non limitandosi al “Palazzolo”, ma visitando anche il santuario milanese del beato, l’Hospice per malati terminali di Monza, i Centri di Inverigo (Co) e Pessano con Bornago (Mi), il Centro “Vismara” e l’IRCCS “S. Maria Nascente” di Milano, con particolare riferimento ai settori della ricerca scientifica e della riabilitazione neurologica.
«Prima di partire per Milano, sapevo poco o nulla della Fondazione e pensavo che questo sarebbe stato un momento positivo di contatto con il variegato mondo della disabilità - evidenzia Claudio -. Invece è stata un’esperienza davvero bella, molto più ampia e articolata rispetto a quanto ci eravamo immaginati. Praticamente tutti i giorni abbiamo avuto modo di incontrare gli ospiti dell’Istituto “Palazzolo”, di ascoltare le loro storie e quelle dei familiari, di parlare con loro e di stabilire un buon legame con gli operatori. Per noi è stato davvero un percorso formativo, anzitutto dal punto di vista umano. È stato bello incontrare il presidente della Fondazione e farci guidare dai lui nell’incontro con vari ambiti: si vede che ci tiene e che si spende per questa realtà che guida. Anche gli operatori ci credono e si spendono a favore degli ospiti e dei familiari: il loro non è un impegno formale, ma vissuto davvero con intensità e calore umano. E poi abbiamo vissuto con tutti loro momenti di familiarità, con il confronto, ma anche scherzando, quando è stato possibile. Porteremo sempre con noi il sorriso degli ospiti che abbiamo incontrato».
«Anche io condivido appieno i concetti espressi da Claudio - aggiunge Pierpaolo -. Negli anni passati avevamo fatto esperienze formative legate più che altro alla Pastorale della Salute. Qui però ci siamo accorti subito che c’era quel qualcosa in più: mi riferisco anzitutto al rapporto di umanità con i pazienti e con tutte le persone che gli ruotano intorno, all’umanità espressa dagli operatori. Questo approccio è stato per noi davvero arricchente e formativo. Abbiamo potuto toccare con mano le debolezze legate alla malattia, se pensiamo agli ospiti, ma anche le debolezze e le speranze di chi sta loro accanto. È stato poi particolarmente toccante avvicinare e conoscere la figura del beato don Carlo Gnocchi e il retroterra cristiano che sta alla base dell’odierna realtà della Fondazione. Usciamo da questa esperienza arricchiti da un punto di vista spirituale e umano. Un grazie di cuore alla Fondazione e a tutti coloro che ci hanno accolto».
«La cosa che mi ha colpito di più - sottolinea Salvatore - è stato il clima di accoglienza, il metterci a nostro agio ogni volta che abbiamo visitato un Centro o un reparto. Con il passare dei giorni abbiamo girato liberamente anche nei reparti, da soli o con alcuni operatori. Abbiamo toccato con mano realtà molto diverse fra loro: dai momenti vissuti con musica e allegria con gli ospiti del Centro Diurno Anziani del “Palazzolo”, ai reparti dove si toccano con mano i drammi legati alle fragilità umane. Penso per esempio agli Stati vegetativi o alla Sla. Qui guardi il volto del fratello o della sorella che hai davanti ed è una cosa che ti interroga, ti cambia, ti forma. Nelle RSA abbiamo incontrato tante persone anziane, alcune allettate, altre no, con diversi gradi di stato cognitivo. Sono rimasto colpito dalla loro spiritualità e possiamo dire di essere stati per loro un sollievo, vuoi con la preghiera insieme o vuoi semplicemente per spingere la loro carrozzina o per vivere momenti di prossimità nell’aiutare il personale. È stata un’esperienza che ci ha arricchito e fatto crescere».
Una pagina rimarcata infine dai tre giovani diaconi è quella legata all’Hospice di Monza (nella foto sopra): «Davvero toccante accompagnare gli ospiti e i loro familiari in questi momenti difficili del fine vita. Abbiamo avuto momenti di dialogo e riflessione, in particolare con una signora malata terminale. È lì che ti rendi conto del valore immenso della vita di ciascuno. Abbiamo cercato di accompagnarla con la preghiera e la vicinanza a lei e alla sua famiglia…».
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