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«È stato un matrimonio da favola: altrove e in un altro momento non sarebbe stato altrettanto bello. Tutti hanno partecipato e dato il loro contributo; c’erano persino i pazienti affacciati alle finestre a fare festa con noi, proprio come una grande famiglia». È ancora emozionata Rosy quando ripensa al giorno del sì con Paolo, nel parco del Centro “S. Maria ai Colli – Presidio Sanitario Ausiliatrice” di Torino della Fondazione Don Gnocchi.
Paolo, 61 anni, era ricoverato da oltre un mese per la riabilitazione a seguito di una brutta emorragia cerebrale avvenuta quasi un anno prima. «Era un venerdì – ricorda Rosy – e io ero al lavoro in ufficio: ci eravamo salutati la mattina, non c’erano problemi e verso mezzogiorno avevo chiamato casa per trovarci a mangiare un boccone insieme. Alla terza telefonata finalmente Paolo mi risponde, farfugliando qualcosa che non ho inteso. Quello che ho capito è che qualcosa non andava e così mi sono precipitata a casa: l'ho trovato a terra quasi incosciente, incapace di parlare e muoversi. I soccorsi per fortuna sono stati tempestivi, ma resta un mistero su come abbia potuto rispondere visto che il telefono era lontano e non era in grado di parlare...».
Ricoverato alle Molinette di Torino, le condizioni di Paolo sono subito apparse molto critiche. Rosy però non si dà per vinta, e grazie anche a un consulto con un cugino neurochirurgo della Casa Sollievo della Sofferenza di S. Giovanni Rotondo, l’ospedale fondato da Padre Pio, i medici riescono a salvargli la vita. Per 45 lunghissimi giorni resta in coma non farmacologico, ma tra giorni bui e squarci di speranza, alla fine Paolo ce la fa: si risveglia e inizia una lenta e faticosa risalita.
Viene trasferito in un centro di riabilitazione di terzo livello, per pazienti con gravi cerebrolesioni acquisite, dove resta per altri lunghi mesi. Ad un certo punto sembra che i miglioramenti si fermino, ci sia una battuta d’arresto, si inizia a parlare di ricovero in RSA, per pazienti cronici, ma ancora una volta ci si mette la caparbietà di Rosy da una parte e l’ottimismo di alcuni medici che non pensano che tutto sia perduto.
Viene così traferito al Centro "Don Gnocchi" di Torino, nel reparto di degenza riabilitativa che accoglie pazienti con disabilità comportanti non autosufficienza, che necessitano di recupero e rieducazione funzionale di 2° livello. «Da subito – racconta Rosy – ci siamo sentiti accolti come in una famiglia».
«Al suo arrivo – spiega la dottoressa Annalisa Coppo, medico fisiatra e responsabile del Raggruppamento Degenza del Centro "Don Gnocchi" – Paolo era completamente dipendente nelle normali funzioni di vita quotidiana; era vigile e relativamente tranquillo, ma arrivava da un periodo di agitazione psicomotoria dovuta al danno cerebrale primario. Era molto rallentato nei movimenti, disorientato nel tempo e nello spazio, mostrava scarsa iniziativa. Si esprimeva, se stimolato, attraverso l’utilizzo di poche parole, rispondendo a domande molto semplici e il suo eloquio era anche poco comprensibile. Soffriva di una severa disfagia ed era alimentato artificialmente; era emiplegico nella parte destra del corpo, non controllava il tronco, non riusciva a stare seduto autonomamente e necessitava di essere posturato in una carrozzina basculante. Per diversi motivi può succedere che in pazienti con questa gravità ci sia bisogno di un cambio di marcia, come di una ripartenza, con nuovi stimoli, nuove persone, nuove terapie. Nel suo caso, il cambio di setting riabilitativo ha funzionato e così Paolo ha potuto compiere quel salto di qualità che tutti si auguravano. Forse siamo stati bravi come équipe a gestire al meglio la situazione, abbiamo voluto offrirgli una nuova chance anche se non sapevamo dove saremmo arrivati».
Così, come avviene per ogni paziente ricoverato, l’équipe multidisciplinare ha stilato il progetto riabilitativo personalizzato su misura per lui e lo ha portato avanti in stretta collaborazione con la stessa Rosy, che è sempre stata parte integrante del progetto riabilitativo di Paolo.
Il giorno di Pasqua resterà nella memoria di Rosy, che così ricorda: «Il Sabato Santo l’ho lasciato come ogni sera e la mattina dopo, quando sono ritornata, sembrava un’altra persona: parlava meglio, era più presente, era come se avesse avuto un miglioramento improvviso, tutto in una notte. Una vera e propria Resurrezione».
E poi il matrimonio. «Da tanti anni vivevamo insieme – racconta Rosy – e già nel dicembre 2019 avevamo deciso di sposarci. Poi però è arrivato il Covid e dopo ancora il malore di Paolo. Durante la prima fase di riabilitazione, avevamo ripreso a parlarne e Paolo era contento ma anche incredulo. Ne abbiamo riparlato il giorno stesso del suo arrivo in "Don Gnocchi": è stato lui a dire al medico che lo stava visitando che ci saremmo sposati e quando tutti hanno capito che stavamo facendo sul serio e volevamo sposarci nel parco del Centro, tutti si sono dati da fare per l’organizzazione a nostra insaputa e ne è uscita una festa che mai avremmo immaginato».
Dimesso la scorsa estate, Paolo è rientrato a casa e oggi sta proseguendo le cure a livello ambulatoriale.
«Facciamo valutazioni periodiche – spiega la dottoressa Coppo – per capire come modulare adeguatamente il programma riabilitativo in base agli obiettivi che ci diamo insieme: in questo periodo, per esempio, Paolo sta svolgendo un programma di fisioterapia neuromotoria di tipo più tradizionale per stimolare al meglio i movimenti dell’arto inferiore destro, che si stanno presentando anche a distanza di tempo dall’evento. Già durante il ricovero avevamo visto dei miglioramenti molto marcati dal punto di vista motorio e cognitivo: Paolo aveva ripreso a nutrirsi naturalmente, era in grado di sostenere una conversazione, al termine del ricovero era in grado di alzarsi in piedi con l’assistenza di un terapista e a iniziava a percepire parte del carico sulla gamba destra, che era la più compromessa; inoltre eravamo riusciti a eliminare la necessità dell’utilizzo del sollevatore per eseguire il trasferimento dal letto alla carrozzina, addestrando il caregiver nell’assistere Paolo nel trasferimento. Oggi riesce a fare qualche piccolo passo, sempre con appoggio ad un girello alto e con aiuto del terapista; inoltre, grazie alla terapia occupazionale ha recuperato alcune piccole autonomie di base nella cura della persona. Il percorso prosegue e ci auguriamo altri miglioramenti».
Sono lontani anche nella memoria i giorni della disperazione, quando tutto sembrava perduto e oggi Rosy e Paolo guardano con ottimismo al futuro: hanno ripreso a incontrare gli amici, ad uscire a cena, ad andare al cinema… Quella normalità, scontata per i più, che a loro sembrava un traguardo irraggiungibile, conquistata giorno per giorno.
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