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Neve, aria, mare, ghiaccio, deserto. Sono i tanti scenari estremi attraversati da Ambrogio Fogar, protagonista di una vita straordinaria e anticonvenzionale. A vent’anni dalla sua scomparsa, il giornalista Lorenzo Grossi firma un intenso volume biografico (“Ambrogio Fogar. Le mille straordinarie vite dell’ultimo grande sognatore” - Infinito Edizioni) che ripercorre le imprese, i sogni, le cadute e la rinascita dell’“ultimo grande esploratore italiano”, restituendo la profondità umana e il coraggio di un protagonista dell’avventura, ma anche della disabilità.
Nel cuore di questa narrazione non poteva mancare un capitolo importante: il rapporto profondo e riconoscente che Fogar ebbe con la Fondazione Don Gnocchi. Dopo il tragico incidente nel 1992, che lo rese tetraplegico, Fogar affrontò una lunga fase di riabilitazione e assistenza presso il Centro IRCCS “S. Maria Nascente” di Milano. Qui, come documenta il libro, tornò a svolgere il suo ineguagliabile ruolo di comunicatore, partecipando a incontri, firmando articoli e riprendendo a vivere una nuova quotidianità nonostante le limitazioni fisiche. Lontano dai riflettori, fu qui che riprese in mano la propria esistenza, grazie all’impegno di medici, terapisti, infermieri, operatori sanitari e assistenti che gli furono accanto ogni giorno.
«Tornò a svolgere il suo ineguagliabile ruolo di comunicatore» scrive Grossi, raccontando di come - dal letto o dalla carrozzina - Fogar riuscì a firmare articoli, condurre incontri pubblici, sensibilizzare l’opinione pubblica. Tutto questo «grazie anche al supporto riabilitativo e umano ricevuto», in un ambiente capace di sostenere la persona nella sua interezza.
Il legame con la Fondazione, però, affonda le radici ancora più indietro nel tempo: già nel 1975, Fogar destinò alla "Don Gnocchi" una parte dei ricavi del suo primo libro, (“400 giorni intorno al mondo”) come gesto di solidarietà concreta verso i più fragili.
Dopo l’incidente, la Fondazione rappresentò per lui non solo un presidio sanitario d’eccellenza, ma anche un luogo di riscatto e di rinascita. Come scrive Grossi, «tutte azioni che sembravano impossibili solo tre anni prima», Fogar riuscì a compierle grazie anche al supporto riabilitativo e umano ricevuto.
Ambrogio Fogar con l'allora presidente della Fondazione Pro Juventute, monsignor Ernesto Pisoni, alla presentazione di una delle numerose iniziative a favore dell'Opera di don Gnocchi
E fu proprio da quella condizione, apparentemente “immobile”, che Ambrogio rilanciò la sua battaglia per la dignità delle persone con disabilità, trasformandosi in portavoce nazionale di una nuova speranza. La sua “Operazione Speranza”, tour in barca intorno all’Italia, ne fu simbolo: una sfida all’indifferenza e un messaggio di fiducia nelle possibilità della scienza, della cura e della comunità.
«Se attraverso la mia vita qualcuno sentirà la rinnovata voglia di sperare, avrò assolto il mio impegno» scriveva Fogar. Oggi il suo esempio continua a vivere anche attraverso il lavoro della Fondazione Don Gnocchi, che lo ha accompagnato in uno dei momenti più duri della sua esistenza, ma anche in quello forse più luminoso: quello della resistenza e della testimonianza.
Il libro sarà disponibile in libreria e online dal mese di luglio.
Lorenzo Grossi, Ambrogio Fogar. Le mille straordinarie vite dell’ultimo grande sognatore, Infinito Edizioni, Milano 2025, euro 18.
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