Un gesto semplice che non può tuttavia prescindere da una... (Leggi tutto)
Con una mattinata intensa e ricca di emozioni, si è concluso oggi al Centro IRCCS “S. Maria Nascente” di Milano il progetto “Incredibili – Inclusione e Resilienza delle persone con disabilità in Bolivia”, promosso dalla Fondazione Don Gnocchi con il finanziamento dell’Agenzia Italiana per la cooperazione allo sviluppo del ministero degli Affari Esteri. Tre anni di lavoro che hanno unito operatori italiani e boliviani, istituzioni, associazioni e famiglie in un percorso volto a promuovere i diritti, la dignità e l’autonomia delle persone con disabilità nei municipi del dipartimento di Cochabamba.
Un cammino – come ha ricordato in apertura Riccardo Aggujaro, responsabile del Servizio Solidarietà e Relazioni Internazionali della Fondazione – «costruito con coraggio, cuore e alleanze solide, che continueranno anche dopo la chiusura formale del progetto. Dietro ogni risultato ci sono persone che hanno deciso di mettersi in gioco, famiglie che hanno creduto nel cambiamento e operatori che non si sono mai fermati davanti alle difficoltà».
Il progetto, avviato nel 2022, ha coinvolto partner italiani e boliviani – fra cui Progettomondo, il consorzio bresciano Solco e le associazioni locali Tukuy Pacha ed Eifodec – con l’obiettivo di promuovere l’inclusione socio-lavorativa di giovani con disabilità, valorizzando le loro competenze e offrendo opportunità concrete di autonomia personale ed economica.
«Non è mai abbastanza quello che facciamo nel campo della solidarietà internazionale – ha sottolineato Francesco Converti, direttore generale della Fondazione Don Gnocchi – ma progetti come “Incredibili” ci ricordano che il nostro compito è proprio questo: trasformare la disabilità in uno strumento di inclusione, restituendo alle persone il diritto di essere protagoniste della propria vita. È il cuore e il coraggio della Fondazione che si esprime anche lontano, dove la fragilità chiede di essere incontrata».
Due immagini dell'evento conclusivo svoltosi al Centro IRCCS "Don Gnocchi" di Milano
L’approccio metodologico del progetto si è basato sul modello RBM (Result-Based Management), introdotto nei programmi AICS per misurare in modo oggettivo i risultati ottenuti.
«“Incredibili” è un esempio di buona pratica di cooperazione - ha spiegato Davide Martina, referente AICS per il progetto -: ogni euro investito ha generato un impatto misurabile sulla vita dei beneficiari. Gli indicatori di cambiamento sociale e personale hanno mostrato progressi oltre le aspettative, dimostrando che è possibile coniugare rigore nella gestione con profondità umana».
Nel corso dei tre anni, il progetto ha raggiunto oltre cento persone con disabilità, attivando un programma di terapia occupazionale domiciliare in un contesto privo di centri specializzati e promuovendo percorsi formativi per 340 professionisti locali.
«Abbiamo cercato di migliorare le competenze dei giovani con disabilità, ma anche di mettere le persone nelle condizioni di partecipare davvero – ha raccontato Claudia Zaninelli, coordinatrice del progetto per la Fondazione Don Gnocchi -. L’inclusione non è solo assistenza, ma libertà di scegliere, lavorare, costruire la propria vita».
Accanto agli interventi sanitari e formativi, il progetto ha sostenuto 65 famiglie nella creazione di microimprese locali (attività agricole, artigianali, commerciali e di servizi) grazie all’accompagnamento di Progettomondo.
«Le persone con disabilità, soprattutto le donne, in Bolivia vivono una doppia discriminazione - ha ricordato da Cochabamba Diego Policarpi, project manager dell’ONG -. Oggi molte di loro sono diventate leader nella propria comunità: hanno avviato piccole attività, generano reddito e autostima, ma soprattutto sono riconosciute come risorsa, non come peso».
Durante l’evento sono stati proiettati i volti e le storie di Álex, Fernando, Ariel, Agustina e di tante altre persone che grazie a “Incredibili” hanno intrapreso un cammino di autonomia. Le testimonianze degli operatori italiani che hanno lavorato sul campo hanno restituito la forza di questo percorso.
«Abbiamo affrontato barriere culturali e fisiche – ha raccontato Mariano Nardiello, terapista occupazionale – ma il vero cambiamento è avvenuto quando gli operatori locali hanno iniziato a vedere la persona prima della disabilità. L’autonomia, per molti, significava anche solo imparare a gestire il denaro o fare la spesa da soli. Da lì è iniziato tutto».
Accanto a lui, Cinzia Carniglia, logopedista, ha ricordato che «la comunicazione è alla base di ogni relazione e di ogni autonomia. Rispettare il contesto locale, ascoltare, costruire fiducia: sono questi gli ingredienti che permettono la crescita reciproca tra operatori, famiglie e beneficiari».
Una parte significativa del progetto ha riguardato la creazione di microimprese inclusive e la promozione del modello di impresa sociale.
«Un’impresa sociale non vive ai margini dell’economia, ma al suo interno – ha spiegato Pierluca Gobelli di SOLCO –. Produce valore economico e, insieme, valore umano: ogni utile viene reinvestito per creare nuove opportunità».
«Per includere persone con disabilità – ha aggiunto Stefano Mino – serve un’organizzazione capace di adattarsi, di contaminarsi con il profit, e di mettere la persona fragile al centro dei processi produttivi. È una lezione che vale anche per noi in Italia».
L’incontro si è concluso con la riflessione di don Vincenzo Barbante, presidente della Fondazione Don Gnocchi, che ha invitato i presenti a guardare al significato profondo di questo percorso: «Viviamo in un mondo attraversato da guerre e disuguaglianze, dove la fragilità spesso non viene riconosciuta. Ma ciò che abbiamo ascoltato oggi ci ricorda che ciascuno può essere attore del cambiamento. La vera felicità nasce dal bene comune: quando l’altro sta bene, sto bene anch’io. L’inclusione è solo il primo passo: poi bisogna integrare, perché ogni persona è un ingranaggio necessario al buon funzionamento della società».
“Incredibili” si chiude come progetto, ma resta come eredità viva: nei professionisti formati, nelle famiglie coinvolte, nei ragazzi che oggi possono guardare con fiducia al proprio futuro. Un seme di cambiamento che continua a germogliare, grazie alla rete di relazioni e competenze costruite nel tempo.
«Non è la fine – ha concluso Riccardo Aggujaro – ma un nuovo inizio: la prova che, anche nei luoghi più lontani, l’inclusione è possibile quando si lavora insieme, con coraggio e con il cuore».
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